Si parla spesso di un prima e di un poi. Si aspetta una data fissa. Noi crediamo che non esista alcuna data fissa, e crediamo di essere specificatamente noi, solo perché il nostro pensiero coglie sempre nella vita un modo di essere perennemente aderente al nostro pensiero stesso. Tra la solita vita sociale quotidiana e la vita di eccezione delle rivoluzioni non c’è differenza qualitativa, ma differenza quantitativa. Un più o un meno di certi determinati fattori. Le energie sociali attive sono l’apparenza sensibile e umana di certi determinati fattori. Le energie sociali attive sono l’apparenza sensibile e umana di certi determinati programmi, di certe determinate idee; in tempi normali c’è un equilibrio di forze la cui instabilità ha oscillazioni minime; quanto più queste oscillazioni diventano irregolari e capricciose, tanto più si dice che i tempi sono calamitosi; quando l’equilibrio tende irresistibilmente a spostarsi, si ammette che si è entrati in un momento di vita nuova. Ma la novità è quantitativa, non qualitativa. […] Ieri il disagio era il rapporto di insoddisfacimento tra un dato pensiero politico ed economico, tra un bisogno e una delusione, oggi è lo stesso rapporto, colto da una moltitudine, da una quasi totalità. Ed è la continuazione del nostro ieri, è per noi una continuità, perché la vita è sempre una rivoluzione, una sostituzione di valori, di persone, di categorie, di classi. Gli uomini però danno il nome di rivoluzione alla grande rivoluzione, a quella cui partecipa il massimo numero di individui, che sposta un numero maggiore di rapporti, che distrugge tutto un equilibrio per sostituirlo con un altro intero, organico. Noi ci distinguiamo dagli altri uomini perché concepiamo la vita come sempre rivoluzionaria, e pertanto domani non dichiareremo definitivo un nostro mondo realizzato, ma lasceremo sempre aperta la via verso il meglio; verso armonie superiori. Non saremo mai conservatori, neanche in regime di socialismo, ma vogliamo che l’orologiaio delle rivoluzioni non sia un fatto meccanico come il disagio, ma sia l’audacia del pensiero che crea miti sociali sempre più alti e luminosi.
Tratto da «Il Grido del Popolo», n. 682, 18 agosto 1917